Il cancro della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente nei maschi occidentali. Precede infatti sia il tumore del colon sia quello del polmone. Su 100 diagnosi di cancro effettuate nei maschi, 15 sono di cancro della prostata. Si stima che ogni anno in Italia vi siano circa 35.000-40.000 nuovi casi di CaP. Fortunatamente l’evoluzione è lenta e la mortalità è bassa, soprattutto se si interviene precocemente. La lenta evolutività del CA prostatico è dimostrata dal fatto che se si esegue l’esame istologico di prostate di soggetti molto anziani, deceduti per vecchiaia o altre malattie, si riscontra un’elevata percentuale di neoplasie in vari stadi, senza cioè che il soggetto ne fosse a conoscenza in vita.
Sintomi
Come molte altre neoplasie, anche il tumore della prostata è pressoché privo di sintomi nelle fasi iniziali. Nella maggior parte dei casi la diagnosi è occasionale, generalmente in seguito al riscontro di un valore alterato del PSA (Antigene Prostatico Specifico). Questo test è eseguito durante esami di routine. In Italia il dosaggio del PSA è prescritto abitualmente dopo i 50 anni dal medico di famiglia e in molte regioni italiane fa parte delle campagne di prevenzione periodica, analogamente al cancro della mammella. E’ quindi prassi che il medico di famiglia richieda dopo i 50 anni l’esame del PSA proprio per facilitare la diagnosi precoce.
I primi sintomi, generalmente difficoltà ad urinare, necessità di urinare spesso e minzione dolorosa, compaiono solo quando la massa tumorale tende a comprimere l’uretra, il canale che dalla vescica porta l’urina all’esterno. Quando il tumore si espande all’interno della prostata, questa tende a schiacciare l’uretra, producendo i sintomi primi descritti. Questi sintomi sono comuni anche all’ipertrofia prostatica benigna ed alla prostatite e non devono quindi allarmare il paziente più del dovuto. Sono talvolta presenti anche ematuria (sangue nelle urine) ed emospermia (sangue nello sperma).
Il cancro della prostata diventa doloroso solo nelle fasi terminali della malattia, quando compaiono le metastasi ossee, molto spesso a carico del bacino. Fino ad una ventina di anni fa, quando il PSA non era ancora utilizzato per la diagnosi precoce, molti tumori della prostata venivano diagnosticati solo quando il paziente si sottoponeva ad una radiografia del bacino per dolore persistente in questa sede.
La diagnosi di cancro della prostata
Il PSA
La diagnosi di cancro della prostata segue un percorso a tappe. Se si è riscontrato occasionalmente un valore di PSA elevato, è buona norma ripetere il prelievo di sangue e dosare nuovamente sia il PSA totale (PSA-t) che il PSA libero (PSA-l). Nelle 48-72 ore precedenti l’esame, il paziente non deve avere rapporti sessuali e non deve compiere esercizi fisici strenui, poiché queste attività fanno aumentare i livelli della sostanza nel sangue. Il PSA non è comunque un test certo. La sua capacità di individuazione del tumore aumenta se, insieme al PSA totale si dosa anche il PSA libero e, soprattutto, se si associa a questi due test sia la palpazione della prostata eseguita attraverso l’esplorazione rettale sia l'ecografia trans-rettale.
Esplorazione rettale, ecografia e biopsia prostatica
Il secondo gradino consiste nella palpazione della prostata attraverso il retto (esplorazione rettale della prostata). La prostata si trova a pochi centimetri dall’ano, più o meno alla stessa altezza delle emorroidi, ed è facilmente palpabile con un dito (figura 1). La palpazione consente di rilevare la presenza di noduli all’interno della ghiandola, di valutarne la consistenza e di sentire se è particolarmente calda (infiammazione). Se all’esplorazione rettale l’urologo non riscontra anomalie nella forma e nella consistenza della prostata, ma i valori di PSA sono alterati, è possibile eseguire una ecografia trans-rettale. Se anche l’ecografia trans-rettale è negativa, l’urologo può:
1) propendere per una prostatite e quindi prescrivere una terapia antibiotica ed antiinfiammatoria, richiedendo di monitorare il PSA nel tempo;
2) sospettare un neoplasia e quindi richiedere una biopsia prostatica eco-guidata.
Figura 1. Esplorazione rettale: la prostata è situata a pochi centimetri dall'ano ed è palpata attraverso la parete del retto.
La biopsia prostatica è una procedura della durata di circa 20 minuti che si esegue in ambulatorio ospedaliero. L’esame, previa anestesia locale, viene eseguito sotto guida ecografica per via transrettale o transperineale. Si prelevano da 12 a 25 campioni, in diversi punti della prostata ed il materiale è inviato al laboratorio di anatomia patologica per il referto.
Il trattamento del cancro della prostata
Se la biopsia conferma la presenza di un tumore, è necessario eseguire ulteriori accertamenti finalizzati a stabilirne il grado di aggressività. Il tipo di trattamento dipende infatti dal grado di aggressività del tumore e dallo stadio, che può essere più o meno avanzato. La scelta del trattamento dipende inoltre dall’età, dallo stato di salute generale del paziente e dalla sua aspettativa di vita. Le opzioni sono numerose e variano dalla vigile osservazione fino all’asportazione chirurgica della ghiandola.
Vigile osservazione e sorveglianza attiva
In casi selezionati, per esempio in presenza di tumori poco aggressivi o di pazienti giovani che vogliano conservare ancora la funzione sessuale per qualche anno, si può optare per la vigile osservazione, consistente nella valutazione periodica del PSA o per la sorveglianza attiva, consistente in dosaggi del PSA e biopsie ripetute a scadenze regolari.
Chirurgia
L’asportazione della prostata e delle vescicole seminali (prostatectomia radicale) è il trattamento di prima scelta per i tumori confinati alla sola ghiandola prostatica. Con questa procedura il 90-95% dei pazienti non mostra alcun segno di malattia dopo 10 anni dall’intervento. Purtroppo la prostatectomia radicale può comportare la lesione dei nervi e delle arterie coinvolte nei meccanismi dell’erezione, con conseguente deficit erettile. Per ridurre la possibilità di disfunzione erettile si utilizza, quando possibile, una procedura detta “nerve sparing”, che risparmia cioè le strutture neurovascolari di cui sopra. Purtroppo, anche se questa procedura è eseguita da un urologo esperto, la disfunzione erettile è presente in almeno il 35-60% dei soggetti operati.
Terapia ormonale e chemioterapia
L’ormonoterapia è finalizzata a ridurre la produzione degli ormoni sessuali maschili (testosterone e suoi analoghi), responsabili della crescita tumorale. Un tumore prostatico privato di testosterone non cresce affatto o cresce molto lentamente. Per questa ragione fino alla fine degli anni ’40 si procedeva alla castrazione chirurgica dei pazienti con CaP. La terapia ormonale è utilizzata nel cancro prostatico avanzato, sia da sola che in associazione ad altre terapie. Purtroppo, le cellule tumorali diventano facilmente resistenti al trattamento con ormoni che bloccano il testosterone. In questo caso si ricorre al trattamento con chemioterapici, per esempio i taxani (docetaxel, paclitaxel etc), ma con risultati modesti. D’altra parte negli ultimi anni sono state introdotti 2 nuovi farmaci nel trattamento del CaP ormono-refrattario con risultati discreti (abiraterone acetato, enzalutamide).
Radioterapia
La radioterapia consiste nell’erogazione di raggi X per distruggere le cellule neoplastiche, normalmente più sensibili delle cellule normali alle radiazioni ionizzanti. Questa tecnica era caduta in disuso negli anni ’70 per via dei notevoli effetti collaterali agli organi vicini, che venivano colpiti dalle radiazioni. Fortunatamente, con l’uso delle nuove apparecchiature, in grado di dirigere con grande precisione fasci sottilissimi di raggi X in punti ben precisi della prostata (radioterapia conformazionale), il rischio di danneggiare gli organi vicini (retto, vescica etc) è molto basso. Grazie a queste nuove strumentazioni, la radioterapia è oggi utilizzata con buoni risultati per trattare il cancro della prostata in quasi tutti gli stadi (figura 2).
Figura 2. Radioterapia della prostata: con i nuvi strumenti il fascio di raggi colpisce solo una zona precisa della prostata senza danneggiare le strutture anatomiche adiacenti.
Brachiterapia
Un’alternativa alla radioterapia esterna è quella di inserire all’interno della prostata piccoli “semi” di materiale radioattivo delle dimensioni di circa 2 mm. Generalmente si impiantano sotto guida ecografica 90 semi di Palladio-103 o 80 semi di Iodio-125 all’interno dell’intera ghiandola prostatica. Questa procedura é poco invasiva e si realizza in un'unica seduta operatoria della durata di circa 90 minuti. Il ristretto raggio di azione di ciascun seme e la elevata precisione con cui essi sono posizionati, limita sensibilmente i danni alle strutture anatomiche adiacenti, quali il retto, la vescica e l'uretra.
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Urologo
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